La nostra Bacheca Positiva da “Voce” ad un bel progetto, promosso da Pino Fiumanò; infermiere professionale con un master di teatro sociale e comunità, project manager di alcuni progetti legati proprio all’attività di teatro sociale. Attore e regista ha curato la regia di opere di Dario Fo ed Eduardo De Filippo. Da alcuni anni sta portando avanti una ricerca per un teatro antropologico che metta al centro la formazione ed il ben-essere dei curanti orientato a costruire percorsi di umanizzazione delle realtà sanitarie per trasformare i luoghi della cura in luoghi che curano.
E' la guida del gruppo di ricerca SALUTE E ARTE MAURIZIANO DI TORINO.
Ecco il suo racconto,con preziose informazioni e riflessioni, i progetti in essere e futuri...
Benvenuto e grazie per il tuo impegno e la promozione della cultura della vita ,per la tua voglia insieme al tuo gruppo di non perdere il sorriso e di farne dono...
Alma Manera
“Questo progetto di umanizzazione dei luoghi della cura secondo la metodologia di teatro sociale e di comunità nasce da un evento luttuoso, che ha colpito tutti noi, ovvero l’intero gruppo di professionisti sanitari del blocco operatorio dell’A.O. Ordine Mauriziano. Nasce dalla morte di una collega, una morte per suicidio.
Ormai ci sono dati statistici che dicono come i suicidi, l’uso di alcolici e di sostanza stupefacenti siano sempre più presenti nella popolazione dei medici e degli infermieri in tutto il mondo. Dato tra l’altro passato fino ad ora in secondo piano…ma quando la morte ti colpisce così violentemente nello stomaco e così da vicino allora è difficile non accorgersi che questo dolore in realtà apre domande e interrogativi profondi sul senso del proprio agire in ciascuno.
Cosa significa stare a contatto quotidianamente con la sofferenza, la malattia e la morte? Come si sta a sapere che devi essere sempre al top perché nella tua professione è vietato sbagliare, non sono ammessi errori? Come si sta a sapere che di fronte a dedizione, sacrifici, responsabilità, rinunce, fatiche fisiche e mentali, professionalità elevata che necessita di formazione continua …come si sta li dove il riconoscimento sociale è assolutamente inadeguato tanto che stipendi e possibilità di carriera sono assolutamente inadeguati?
Tutto questo ha aperto nel gruppo una profonda e condivisa riflessione sulla vulnerabilità, sulla fragilità del ruolo del curante.
Fragilità che è stata la consapevolezza, nuova ed improvvisa, che ha aperto la possibilità all’idea progettuale.
Chi vi scrive è, oltre che un professionista sanitario ed il project manager del progetto, un esperto della metodologia di teatro sociale e di comunità. Mi sono formato prima come attore presso la scuola del Tangram Teatro di Torino e ho diretto come regista teatrale alcune commedie di Eduardo De Filippo e Dario Fo per intraprendere successivamente il perfezionamento presso il master universitario di 1° livello in Teatro Sociale e di Comunità diretto dal Prof.re Alessandro Pontremoli e la Prof.ssa Alessandra Rossi Ghiglione portando avanti una ricerca personale e poi di gruppo su un nuovo teatro antropologico sulla nuova scena della cura o come meglio amo definirla io una nuova antropologia ecologica della felicità.
Il teatro sociale e di comunità è un dispositivo culturale ed artistico assai complesso che ha dimostrato una particolare efficacia sia sul piano dell’andragogia che della cura. Si moltiplica il capitale sociale e culturale e, come emerge dal nostro e da altri progetti di teatro sociale e di comunità in contesti ospedalieri si sono costruiti efficaci percorsi di arte partecipata capaci di generare empowerment, ben-essere e salute per gli individui, i gruppi e le comunità.
Il teatro sociale e di comunità mette in movimento molti livelli dell’umano e li mette tra loro in connessione.
Quattro sono gli elementi di forza: il corpo, la relazione, la rappresentazione simbolica e la ritualità performativa capaci di permettere processi di comprensione, di orientamento, di generare motivazione e permettere e favorire movimenti virtuosi di connessione.
Le modalità con cui il teatro mette in movimento tutti questi livelli e li interconnette tra loro attraverso una serie di pratiche (che vanno dal training ai giochi dalla mimesi alle diverse modalità di rappresentazione e di performance) possono essere diverse e sono poco note ancora purtroppo nei loro meccanismi profondi, specie al di fuori del contesto specialistico come ad esempio può accadere in ambito sanitario. Per questo motivo diciamo che il nostro progetto teatrale di Umanizzazione dei luoghi di cura secondo la metodologia del teatro sociale e di comunità è un elemento culturale innovativo che ha saputo riportare all’attenzione la centralità del fattore umano della cura, della progettazione partecipata, del valore di co-progettare nell’ottica di costruire reti virtuose fra soggetti istituzionali, politici, organizzativi e civili diversi. E’ un progetto che si fa portatore di un elemento culturale di novità.
Elemento cardine del processo che ha guidato le azioni tutte del progetto è l’affermazione seguente: “noi abitiamo luoghi e spazi ma quei luoghi e quegli spazi abitano in noi e sempre nel bene o nel male fanno accadere in noi qualcosa”
Oggi sappiamo che possiamo, in scienza e coscienza, dire che questa affermazione è vera in quanto sostenuta da evidenze scientifiche sufficienti e bastevoli, quelle stesse evidenze che hanno guidato la prof.ssa Gabriella Peretti e il suo gruppo di architetti del Politecnico di Torino a definire le linee guida sull’umanizzazione dei luoghi della cura per il ministero della sanità.
Siamo partiti quindi dalla consapevolezza nuova e improvvisa di quel gruppo di curanti: “c’è il bisogno di prenderci cura di noi mettendo al centro il paziente”
Già ma come fare concretamente?
Ci ha guidato il sapere antico e arcaico che il teatro ha sulla costruzione della scena: prendiamoci cura del nostro luogo di lavoro ri-progettando il corridoio di accesso alle sale operatorie, prima spoglio e tras-curato.
Il non detto è stato: “se ci prendiamo cura del nostro luogo di lavoro rendendolo più accogliente con un lavoro artistico di ri-significazione dello spazio in realtà non ci stiamo forse prendendo cura di noi e dei nostri stessi pazienti che lo attraversano?”
In teatro nulla di ciò che costruisce la “scena teatrale” è solo semplice abbellimento dello spazio ma sempre deve rispondere ad una domanda: quell’oggetto, quella materia, quel colore, quella luce, quella disposizione spaziale cosa vogliamo facciano accedere in chi guarda quella scena?
Il gruppo ha scelto di rappresentare la forma dell’albero quale elemento simbolico facilmente comprensibile ed estremamente evocativo (l’albero della vita, il radicamento alla terra, la capacità di dare frutti…ect) Cosi la scelta dei colori non è stata casuale ma si è fatto riferimento a due colori complementari, l’arancione e l’azzurro come colora attivante e colore rilassante. Altro elemento simbolico da sottolineare rispetto alla scelta del luogo corridoio di ingresso è stata la seguente considerazione: “quando qualcuno va ospite a casa di un amico non è forse il corridoio il primo spazio, il primo luogo che di quella casa, di quella dimora ci accoglie? Ma quando andiamo a casa di qualcuno non c’è solo il corridoio ad accoglierci c’è anche il padrone di casa che magari ci accoglie con un sorriso, con una stretta di mano. Da qui la riflessione del gruppo: come facciamo a presentarci ai nostri pazienti per accoglierli? Abbiamo utilizzato il linguaggio fotografico per raccontare e presentarci chi siamo. Lavoro questo particolarmente significativo perché è stata un’occasione per il gruppo per riflettere sulla propria identità, chi siamo, quale immagine condivisibile e condivisa da mostrare ai nostri pazienti per presentarci a loro ed accoglierli?
Questo passaggio psicosociale delicato è stato possibile con la scelta condivisa dal gruppo che ha votato le 12 immagini nelle quali si riconosceva che stampate in formato 70 cm x 100 cm e che sono state utilizzate per andare a costituire le fronde, i frutti degli alberi stilizzati.
Il dato metodologico rilevante è la progettazione condiva col gruppo dei professionisti a partire dalla riflessione condotta insieme sulla condizione umana di quei professionisti caratterizzata dalla consapevolezza emersa di fragilità del ruolo del curante quale elemento stesso di umanizzazione.
Il progetto nasce, come fin qui detto, all’interno di un gruppo professionale ma quale dato metodologico ogni azione progettuale ci siamo chiesti: cosa fa accadere al singolo, al gruppo e infine alla comunità dei curanti dell’intera azienda e alla comunità più allargata dei cittadini e delle cittadine, delle associazioni, delle istituzioni politiche locali? Questo elemento di complessità che richieste una elevata competenza psicosociale e una profonda conoscenza delle dinamiche di comunità è ciò che consente di stare contemporaneamente e costantemente su tre livelli di contesto e di realtà: L’individuo, la persona, quindi il gruppo ed infine la comunità nel senso più ampio del termine.
Un progetto questo che nasce dal basso ma che ha saputo coinvolgere i vertici aziendali (direzione generale, sanitaria, amministrative, Di.P.Sa) e con l’evento di metà percorso ha convocato la comunità aziendale tutta per condividere il progetto, evento al quale hanno partecipato la fondazione medicina a Misura di Donna dell’ospedale San Anna di Torino nella persona di Catterina Seia e DoRS centro di Documentazione per la promozione della salute della regione Piemonte, ed infine Cittadinanza Attiva – Tribunale dei Diritti del Malato. L’articolo sul quotidiano la Stampa apparso il giorno seguente ci ha permesso di condividere il progetto con la comunità civile cittadina.
La creazione della pagina social nella quale si pubblicavano tutti gli aggiornamenti relativi all’avanzamento dei lavori progettuali ha permesso di ampliare e moltiplicare le opportunità di disseminazione di ciò che stavamo facendo. La costruzione del sito dedicato al progetto www.salutearte.it ha raggiunto paesi anche oltreoceano.
Il 31 gennaio 2018 è andata in scena la festa teatrale di comunità di inaugurazione dello spazio riprogettato convocata tutta la comunità mauriziana, le associazioni, le fondazioni, gli istituti regionali la politica locale che con la presenza dell’assessore regionale alla sanità hanno dimostrato interesse e attenzione alla metodologie, alle azioni intraprese e agli obbiettivi di progetto riconoscendone di fatto il valore, l’interesse anche in termini di possibilità di ripensare e riindirizzare le policy per il benessere di curati e curanti all’interno di strutture e aziende sanitarie.
Attualmente è in fase di evoluzione la raccolta delle testimonianze di pazienti e operatori circa l’esperienza di ri-significazione dello spazio del corridoio.
Sono stati realizzati più video del progetto
(clicca sulle immagini per vedere i video corrispondenti)
Dal progetto è nato un gruppo di operatori sanitari, un vero e proprio gruppo di ricerca che si ritrova a approfondire le possibilità in ambito sanitario di pronunciare insieme parole come Cultura, Arte, Teatro, Partecipazione, Empowerment, Ben-essere e Salute. Il gruppo aderisce e sottoscrive il manifesto che è pubblicato sulle pagine del sito:
https://www.salutearte.it/manifesto-del-gruppo-di-ricerca/
Siamo stati invitati a condividere il progetto all’interno della conferenza inter-regionale promosso dalla regione Piemonte con AGENAS: Empowerment e Umanizzazione delle Cure. Abbiamo partecipato come gruppo salutearte all’interno degli eventi del mese di ottobre “Torino verso una città Accessibile” quali organizzatori del seminario Health Design. Spazi, arte, partecipazione per lo sviluppo del benessere e della salute. Evento scelto fra tutti quelli presenti come uno dei cinque più significativi ricevendo l’invito a presentarlo e promuoverlo all’interno della conferenza internazionale sull’accessibilità culturale.
Attualmente siamo interessati alla costruzione di reti virtuose di collaborazioni per condividere esperienze, metodologie, visioni, competenze e progetti che abbiano quale riferimento e obiettivo quello di utilizzare l’arte, il design, il teatro al fine di promuovere il benessere e la salute dei singoli, dei gruppi e delle comunità.
Stiamo lavorando ad una nuova avventura progettuale: umanizzazione dei luoghi e delle relazioni di cura.
Che prevede quattro azioni principali. La prima un’azione di mappatura della “condizione umana” del curante, del paziente e del caregiver nei servizi di anestesia e rianimazione generale e rianimazione cardiovascolare: La seconda il consolidamento e l’implementazione di competenze specifiche con riferimento alle life skills che l’O.M.S. indica quali competenze trasversali alla costruzione del benessere e della promozione della salute dei singoli, dei gruppi e delle comunità; per citarne solo alcune l’empatia, la capacità di comunicare, la consapevolezza di se, la capacità di gestire lo stress. Questo all’interno di un setting ormai rodato e ampiamente utilizzato anche in ambito formativo, come ad esempio dall’università di Torino all’interno del corso di laure in scienze infermieristiche, stiamo parlando del setting del laboratorio di teatro sociale e di comunità dove in uno spazio e un tempo altro da quello orinario, in un ambiente dove il giudizio è sospeso, utilizzando come metodo la dimensione giocosa poter sperimentarsi e mettersi alla prova nella costruzione di se come professionisti della relazione di cura. La terza un lavoro di ri-significazione dello spazio di cura fatto in collaborazione con professionalità diverse che comprendono professionisti del teatro, architetti, medici, infermieri, psicologi. La quarta è l’azione di valutazione di impatto del progetto rispetto agli obbiettivi del processo concordati con i destinatari stessi, con gli stakeholders e l’azienda.
Concludendo mi pare di poter sottolineare che il percorso fino a qui intrapreso è certamente costato dedizione e passione ma non sarebbe stato possibile se non mettendo in campo una professionalità che si nutre di multi-competenze che vanno da quella teatrale propria, a quella psicosociale, a quella progettuale, a quella della costruzione di alleanza e collaborazioni e quindi al lavoro in equipe multiprofessionali, che fanno parte di un percorso formativo specifico che è il master in Teatro Sociale e di Comunità.
Sono felice dei risultati fino a qui raggiunti e alle prospettive future rese possibili grazie alla collaborazione di moltissime persone. Ringrazia davvero di cuore la stragrande maggioranza dei 150 professionisti del blocco operatorio che hanno sostenuto il progetto e ne hanno compreso il valore e l’opportunità di ri-nascere dopo l’indicibile sofferenza seguita al suicidio della loro collega. Un ringraziamento particolare quindi al gruppo di progetto e al gruppo di ricerca esito del progetto, che sta tuttora portando avanti interessanti approfondimenti e i progetti che si affacciano al futuro prossimo.
Nulla avviene per caso, bisogna lavorare molto per arrivare a qualche piccolo risultato, è necessario saper riprogettare il cambiamento anche sopportando eventuali sconfitte o delusioni. Vorrei concludere però con una frase che questa estate ho potuto leggere sul frontale del teatro Massimo di Palermo, è una frase che data alla fine del 1800 e il cui autore è tuttora purtroppo rimasto ignoto:
l’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire.
Vi aspettiamo per ogni approfondimento sul sito del nostro gruppo
www.salutearte.it sulla pagina facebook @umanizzazioneluoghidicura
sempre disponibili a rispondere a qualsiasi domanda e/o richiesta di collaborazioni o condivisioni.
Pino Fiumanò
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