L'Italia che si è assaporata ieri è un Italia differente da quella che comunemente siamo abituati a vedere raccontata sui giornali e sui social. Non una grande agorà, dove ognuno vuole avere ragione. Ieri si è vissuto un unico respiro che aveva sapore dolcissimo: quello della fratellanza. Ieri, in occasione della festa della Repubblica, i giardini del Palazzo del Quirinale, sede del Presidente della Repubblica, erano aperti alla “grande famiglia” – definiamola pure così – che è il popolo italiano.
Nell'entrare il colpo d'occhio, a livello artistico, è grande, imponente e suscita stupore. E’ stata un Italia differente quella di ieri. Un'Italia che non vede divisioni, steccati e barriere. La musica delle diverse bande militari che si sono alternate nel pomeriggio, hanno creato un’atmosfera di altri tempi, e il vedere la partecipazione serena, sorridente, di molti italiani ha dato un po’ di calore a una umanità quasi persa.
Dà speranza, questo evento ormai consolidato dalla presidenza Ciampi, a un Italia troppe volte martoriata e che siamo abituati a vedere sempre divisa in piccole controversie che invece, forse, potrebbero essere superate dal buon senso, unico strumento di costruzione civile.
So bene che tutte queste parole possono sembrare agli occhi di molti, un cumulo di banalità, perché – diciamoci pure la verità – quando si parla di nazione, quando si parla di patria, quando si parla di valori così semplici, siamo ormai abituati a cadere nell’idea che tutto ciò è banale. E, in un mondo dove il semplice, il genuino è messo di un angolo, non nascondo che è difficile andare controcorrente. Eppure, la manifestazione di ieri, è stata in pieno spirito di “inclusione”, di fratellanza, di pace, e direi gioia. Infatti, sono stati molteplici gli episodi che potevano destare a uno sguardo un po' più attento, considerazioni e riflessioni varie. E il bello che tutto ciò non poteva che nascere dal sentimento, parola arcana ormai del Tempo di Oggi.
Il nazional-popolare è un po' fuori moda, prima considerazione. Mentre, bisognerebbe forse riprendere le nostre tradizioni e considerarle radici imprescindibili dal nostro essere cittadini, per poter – finalmente – avere un senso nuovo (che è poi un ritrovare un antico che “vecchio” non è) per sentire l’appartenenza a una famiglia più vasta, che non riguarda solamente l’essere “cittadino italiano”, ma è essere “fratelli” l’uno con l’altro. Basta semplicemente fare un giro per le nostre città, e comprendere la non più attenzione verso l'altro, quando invece ieri si è respirato proprio questo: il pubblico che ha riempito i giardini, era un pubblico variegato, fatto di bambini e di famiglie, di persone straniere, di persone di colore, di disabili, e non vi era quel senso di odio, di rabbia, di rancore, che siamo abituati a respirare nelle metropoli italiane.
I bambini giocare con la ghiaia nei giardini del Quirinale, come se si trovassero in quotidiani giardini pubblici, possono essere – forse – una delle immagini emblema di ieri. Oppure, quella scelta per aprire questo articolo: due giovani sotto la chioma di una palma, a godere del sole che ha tutto il colore della speranza in una gioventù che guarda a valori semplici, quasi primordiali. E più in là, due corazzieri a cavallo, simbolo dell'Istituzione repubblicana, sorridere, e far sentire la propria vicinanza ai cittadini. E’ stato un vivere, dopo tanto tempo, la polis greca, dove politica, etica e benessere, erano tutte racchiuse in quel solo sostantivo: quello, appunto, della polis. Perché non ricordare che – in fondo – essere fratelli, non è tanto difficile.
Ieri, solo sorrisi nei volti. Anche in quei volti di chi magari vive una condizione di disagio, dovuta a una disabilità. E’ il vedere l'attenzione che c'era per queste persone, è stato davvero commovente. Quel giardino ha rappresentato il giardino del popolo italiano.
Forse, allora, la pace e la fratellanza, non è solamente un miraggio per visionari e folli. Beckett diceva che “tutti nasciamo matti, alcuni lo restano”. E allora, in un mondo dove la logica della discordia è quella che prevale, è meglio essere un po' tutti folli, per costruire ogni giorno, un’Italia diversa, più inclusiva, dove l'accoglienza non è vista come problema, bensì come una risorsa.
di Antonio Tarallo