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Chissà cosa ha spinto Paolo Genovese a realizzare un film come IL PRIMO GIORNO DELLA MIA VITA. Potrebbe essere la necessità di un riscatto personale, dopo le vicende familiari accadutegli, oppure, da sceneggiatore e cineasta, dagli incontri con le tante persone che costellano il suo cammino.
Fatto sta che in ognuno dei protagonisti del film, in uscita nelle sale e solo in sala da giovedì 26 gennaio, possiamo rispecchiarci più o meno tutti.
La trama non la svelo altrimenti parte del gusto svanirebbe subito, posso però dire che le tematiche espresse riprendono la storia di un amatissimo film della metà del secolo scorso, segno chiaro che nonostante i passi avanti fatti dalla scienza, dalla tecnologia e dal progresso, l’uomo resta sempre una figura controversa costantemente alla ricerca del suo essere migliore.
Ma che cos’è questo “essere migliore”? È un condottiero fiero che perde una battaglia ? È una principessa bellissima che cade vittima di un incantesimo? È una fata madrina che non smette di amare la sua figlioccia? O è un giovane fanciullo arguto abbandonato come Pollicino al suo destino?
Si dice che il dolore, volendo, si potrebbe trasformare in energia costruttiva, un’energia in grado di sovvertire i piani di chiunque: tuttavia non è facile che ciò accada sopraffatti come siamo da angosce che ci tormentano fin dai primi chiarori dell’alba.
Come si può fare allora a recuperare le forze che spesso nella vita ci vengono a mancare?
Con la semplicità, ci racconta il regista, che si trova nei piccoli gesti quotidiani. Chi è più fortunato trova una guida a illuminare la via quando si fa troppo buia ma poiché la fortuna aiuta gli audaci non è necessario imbattersi nel personaggio interpretato dal solito splendido Toni Servillo, basta guardarsi intorno.
Insomma non potendo raccontare la trama avrete comunque capito che in gioco c’è la vita, lo dice anche Gianni Morandi nel brano “Uno su Mille” . Ci prova a dirlo anche Genovese soprattutto attraverso un finale assai poco scontato e imprevedibile.
