Chi conosce questo titolo, istintivamente lo associa al film diretto da Milos Forman ed interpretato da Jack Nicholson, eppure Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo nasce dall’adattamento scenico di Dale Wassermann per i teatri di Broadway del romanzo omonimo dove l’autore, Ken Kesey, racconta la sua esperienza di volontario in un ospedale psichiatrico californiano.
Non è il teatro che parte da una trasposizione cinematografica di un testo, come spesso succede, bensì l’opposto.
La versione originale americana nata nel 1971 è stata rielaborata dal bravissimo Maurizio De Giovanni in tempi recenti, portata all’ospedale psichiatrico di Aversa nell’Anno 1982 e diretta da un attento e gagliardo Alessandro Gassmann da sempre coinvolto dai temi di malattia, diversità e privazione della libertà.
Fino al prossimo 13 novembre il pubblico romano potrà applaudire un cast davvero eccezionale al Teatro Sala Umberto e dovrà farlo senza se e senza ma visto che questo spettacolo è talmente coinvolgente da far dimenticare a chi guarda di essere davanti ad una scena che per quanto mobile e articolata è pur sempre fissata sulle tavole di un palcoscenico.
Randle Mc Murphy , alter ego del mitico Nicholson, non sarà mai rimpianto per tutta la durata della pièce perché la bravura di Daniele Russo nei panni del protagonista italiano Dario Denise, unitamente al talento dei colleghi altrettanto protagonisti uno ad uno, capaci di delineare le caratteristiche così particolari dei personaggi della storia, riempie lo spazio di passione, sentimento e commozione.
Quando uscì la pellicola di Milos Forman io non avevo l’età per recarmi al cinema: il film era vietato ai minori per le tematiche sociali forti, una censura insensata capace solo di generare nelle menti giovani pensieri totalmente fuori luogo.
Questa storia invece ci racconta di un impegno civile, di un atto di accusa contro i metodi di costrizione e imposizione adottati all’interno dei manicomi, del rapporto tra individuo e potere costituito; Gassmann e il suo cast utilizzano una forte carica emotiva rappresentata attraverso salti, piroette, urla di dolore ma anche battute caustiche che scatenano l’ilarità sulle patologie dei singoli caratteri: siamo in un ospedale psichiatrico, non lo dimentichiamo.
Anche l’estetica scenografica è dirompente, Gianluca Amodio grazie ad un escamotage che non sarò io a svelare, riesce nel generoso quanto complicato intento di farci entrare nel mondo e nel cuore di chi è considerato senza speranza.
di Roberta Beta