Il PNRR per la Scuola: un intervento strutturale che con le sinergie giuste può rappresentare una rivoluzione necessaria.
Il Sistema Scolastico italiano, motore del futuro del Paese, si trova negli ultimi anni a fronteggiare diverse situazioni critiche, tra queste due richiedono una riflessione particolare: le povertà educative e la dispersione scolastica. Due fenomeni strettamente legati fra loro, l’uno conseguenza e causa dell’altro, piaga del sistema Scuola, del sistema Italia che però finalmente gode di un’arma o meglio di uno scudo oggi al centro di innumerevoli dibattiti: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
151 investimenti, più di 190 miliardi di euro di cui 30,88 per l’istruzione e la ricerca, 19,44 per l’istruzione. Uno scudo alquanto imponente, un’opportunità unica, una grande responsabilità che impegna tutti a monitorarne la spesa, a suggerirne l’utilizzo più opportuno, che impegna ad apportare un cambiamento reale, ad invertire un senso di marcia sbagliato che ha portato la Scuola a piangere su dati drammatici: un tasso di abbandono nelle scuole secondarie di primo grado al 3,8% che sale al 14,5% per quelle di secondo grado a fronte di una media europea del 10%, il 16,6 concentrato nel mezzogiorno e il 21,20 solamente in Sicilia; il 40% dei ragazzi di terza media non ha raggiunto un livello sufficiente nella lingua italiana, il 60% nel crotonese per una media nel mezzogiorno del 50%.
Dati allarmanti se considerati direttamente proporzionali alla condizione socio-economica della famiglia ma che devono far riflettere se intesi inversamente proporzionali alla presenza di asili nido e scuole dotate di mense e palestre.
Un divario non solo tra nord e sud Italia ma anche tra centri urbani interni e periferie ecco che il PNRR si pone proprio in questa faglia, con interventi a livello strutturale volti ad incrementare gli asili nido e scuole adeguate per un tempo pieno. Sbaglieremmo se pensassimo che è sufficiente questo. Ottimo il tempo pieno ma il giovane deve tornare nella condizione di poter vantare anche uno spazio formativo extra-scolastico che negli ultimi anni è vittima di una forte crisi sociale. Il pedagogista statunitense Dewey, già a suo tempo, riconobbe la necessità di attribuire, tanto alla scuola quanto alla società, un’unica teoria etica che permetta alla scuola di arrivare laddove non arriva la società e alla società di colmare le lacune della scuola. È venuto a mancare questo rapporto ed è doveroso impegnarsi per ristabilirlo, a partire dalla “famiglia”, anch’essa in fuga da una società che porta ad alienarsi sempre di più attraverso la continua ricerca di lavoro, di impegni e a riguardo vengono in mente le pellicole di Charlie Chaplin, di un’uomo schiacciato dal meccanismo di una società in crisi. Bisogna ritrovare il senso di “Casa”, di famiglia come primo luogo formativo, non a caso Maria Montessori chiamò la sua scuola “La Casa dei Bambini”.
Agendo su questo ci renderemo conto della condizione psico-fisica che si trovano a vivere i giovani studenti, smarriti difronte al loro futuro, sarà necessario quindi supportarli con mentoring mirati all’orientamento e soprattutto all’ascolto e lo possiamo fare con il rafforzamento della figura dello psicologo scolastico, battaglia particolarmente a cuore ad innumerevoli nostri Parlamentari.
Se ci atteniamo ai numeri siamo la terza Nazione in Europa per tasso di abbandono scolastico, dietro solo alla Romania e alla Spagna con un obiettivo dell’Unione fissato al 9% entro il 2030. Un’impresa impossibile? No, se prendiamo consapevolezza non solo degli abbandoni espliciti ma anche di quelli impliciti: di tutti quei giovani che hanno raggiunto un titolo di studio ma che di fatto presentano un livello formativo insufficiente. Attenzione, non sono dati critici solo al sud bensì anche al nord. Nei pressi di Monfalcone si contano livelli di apprendimento particolarmente critici e si scoprono legati ad un 33,1% di ragazzi stranieri… ciò significa che se si vogliono adottare politiche di contrasto alla dispersione scolastica si deve aver un occhio di riguardo all’inclusione, all’integrazione, ai bisogni educativi speciali e alle situazioni di esclusione sociale. È evidente come si riduca il fenomeno avendo accesso ad un’istruzione di qualità sin dai primi anni di vita.
A giungo 2022 sono stati erogati i primi 500 milioni del miliardo e mezzo per i divari territoriali e la spesa è stata divisa con 255,8 milioni euro investiti nel sud italia di cui 30,7 per Campania e Sicilia. Un meccanismo di distribuzione che, essendo legato al numero di istituzioni scolastiche presenti sul territorio, induce a chiedersi: le scuole ci sono, il problema dov’è? Su come sono organizzate, sul contesto nel quale sono immerse, sui docenti. Bisogna intervenire su una formazione dei docenti continua, adeguata, arricchita da uno scambio di competenze, su una retribuzione che rientri negli standard europei e che sia all’altezza della professione e poi bisogna creare reti territoriali efficaci con le istituzioni locali e tra le scuole, attraverso patti di comunità che valorizzino l’alternanza scuola-lavoro, che supportino i centri di formazione professionale, che superino i fenomeni di sbarramento nel passaggio dalla scuola secondaria di primo grado a quella di secondo grado… per ottenere comunità educanti solide.
Don Fabio Rosini in un appuntamento del suo percorso di catechesi disse quanto dobbiamo ringraziare il dolore per farci rendere conto della presenza di un problema da curare. Questi dati sono sicuramente dolorosi ma ci permettono di riconoscere la necessità di un intervento.
C’è bisogno di una rivoluzione radicale ma moderata nei modi! Sulla stessa linea d’onda di alcuni partiti politici moderati, Save The Children fa proposte molto interessanti: una didattica laboratoriale di apprendimento attivo, la promozione del sistema auto-migliorativo di educazione tra pari, la promozione sin dai banchi di scuola di una decisionalità democratica, di arricchire il curriculo con insegnamenti all’avanguardia e tra questi supporto l’introduzione di ore di educazione alla fruizione audiovisuale, in una società sempre più multimediale, riconoscendo al Cinema la sua missione pedagogica. Non dimentichiamoci poi delle scuole paritarie cattoliche, da sempre al servizio della comunità educante, che necessitano attenzione per poter amplificare i loro interventi etico-formativi.
Riunendo per la prima volta le Università Pontificie, e dimostrando una forte attenzione per il sistema educativo, il Santo Padre alcuni mesi fa lanciò un monito: “non bisogna essere solisti ma bisogna fare coro in un mondo che è scuola dell’accordo e della consonanza tra voci e strumenti diversi per permettere alla scuola di far comprendere, apprendere e sorprendere!”
Di Francesco Roberto Innocenzi